Norme HACCP a tutela del ristorante
La festa di laurea era stata organizzata nei minimi dettagli, ma Laura, la festeggiata, non poteva aspettarsi che l’HACCP avrebbe finito per sabotare il suo giorno più bello. Le norme HACCP a tutela del ristorante sono chiare e, in questo caso, Laura aveva torto.

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Tempi di definizionePochi giorni
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Il contesto
Che cos’è l’HACCP? Si applica alla ristorazione?
Tutto era iniziato con una telefonata. Laura si era accordata telefonicamente con il titolare del ristorante per l’allestimento della sua festa di laurea, il menù, la sala riservata per gli ospiti, un momento musicale e, infine, la torta “Sweet Bakery”, rigorosamente ricoperta di glassa rossa, con la scritta “Congratulazioni dottoressa”, che Laura aveva ordinato ad un pasticcere di fiducia e chiesto di portare da sé. Il titolare del ristorante era stato, però, molto risoluto: “Può portarla lei, non c’è problema, ma solo se di pasticceria”.
Perché Laura non può portare una torta fatta in casa in un locale?
Perché non è possibile controllare la provenienza degli ingredienti e accertare eventuali responsabilità in caso di intolleranze alimentari o, peggio, di intossicazioni. L’operatore del settore ristorativo, in qualunque livello sia coinvolto nella filiera della produzione gastronomica, è tenuto al rispetto del protocollo HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points), strumento finalizzato a conseguire il più elevato livello di sicurezza alimentare. La prima codifica normativa in Europa risale al 1993 con la direttiva n. 43 recepita in Italia con il decreto legislativo del 26 maggio 1997 n. 155, ora abrogato poiché sostituito dal regolamento comunitario n. 178 del 2002 e n. 852 del 2004. La normativa mutua un protocollo già in uso negli Stati Uniti e risalente agli anni sessanta, in seguito aggiornato. Il quadro normativo è completato dalla legislazione regionale che, per competenza, disciplina gli aspetti sanitari devoluti alle competenze delle singole regioni.
Devo acquistare per forza la torta dal ristoratore?
No, ma il ristoratore ha facoltà di rifiutarsi di servire pietanze di cui non abbia potuto controllare la filiera alimentare di confezionamento e preparazione.
Il caso
Il ristoratore è un nostro assicurato con il prodotto DAS Tutela Aziende e la richiesta della prova dello scontrino è stata la sua salvezza. Non a caso, aveva imposto a Laura questa limitazione: già in passato, aveva avuto una brutta esperienza al riguardo e il servizio di ConsulDAS lo aveva puntualmente istruito per situazioni future al fine di prevenire imputazioni anche di natura penale.
Le regole su cui si basa l’elaborazione del protocollo HACCP sono finalizzate ad adottare processi produttivi e prassi corrette in materia di igiene con l’obiettivo di tutelare la salute del consumatore e garantire la sicurezza del commercio ed evitare il rischio di contaminazioni nel confezionamento di generi alimentari destinati al consumo pubblico (fonte: “Codex Alimentarius”, FAO-OMS).
La festa di laurea si era svolta molto bene, tutti gli invitati avevano mangiato a sazietà e il menù era stato molto apprezzato. Al momento del taglio della “Sweet Bakery”, tuttavia, lo chef del ristorante aveva bloccato la “mise en place” del dolce poiché Laura non trovava lo scontrino o altro titolo che attestasse chi fosse il fornitore o il produttore della torta: “Lo scontrino? Domani glielo porto”. Il responsabile del piano di controllo del ristorante era stato, però, impassibile e non aveva autorizzato la distribuzione della torta. Il rischio, infatti, per il titolare del ristorante suo datore di lavoro, sarebbe stato molto elevato nell’eventualità di una intossicazione alimentare poiché la responsabilità del processo produttivo sarebbe gravata sul ristorante (la dottrina equipara il contratto di ristorazione ad un appalto, ad un contratto d’opera, nel momento in cui risulti prevalente il lavoro dello chef rispetto al contratto di vendita) e non sul fornitore cui Laura si era rivolta per l’ordinazione della “Sweet Bakery”.
Festa rovinata, con la festeggiata infuriata per il “torto” subito e che minacciava di non pagare il conto. E così aveva fatto.
La soluzione
Il ristoratore si è, allora, rivolto a DAS. Il legale del network della Compagnia ha richiamato la normativa ricordata sopra, argomentando che in tali casi il ristoratore ha l’obbligo di fornire al consumatore beni conformi a quanto stabilito dal contratto e nel rispetto delle leggi. Il rifiuto dello chef di distribuire il dolce di non comprovata origine era perciò legittimo e non si poteva eccepire al ristoratore un vizio di difformità per aver offerto un dolce equivalente.
Il ristoratore ha così, potuto recuperare il credito senza necessità di promuovere una causa, che senza il supporto di DAS avrebbe potuto comportare un esborso medio, per l’eventuale esito giudiziale, di circa 1.300 euro.
Questo articolo trae spunto da un caso reale, ma ogni riferimento è puramente casuale