Torna al magazine 15/10/2025 Focus Legale

Chi sono i caregiver? Cosa fanno? Quali diritti hanno?

L’invecchiamento progressivo della popolazione, specie di quella italiana, l’allungamento della vita grazie a medicine e terapie sempre più efficaci, pongono un problema demografico e assistenziale non irrilevante: la necessità di cure e l’affidamento delle stesse a persone in grado di assistere anziani non più autosufficienti. A questo aspetto, se ne pone un altro di natura economica: non tutte le persone ammalate o invalide o anziane sono in grado di sostenere le spese per assumere, a titolo oneroso, un’infermiera, dama di compagnia, old sitter, ovvero di fronteggiare quelle per il ricovero, con retta di degenza, presso una casa di riposo.
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È nata, quindi, la figura del caregiver − letteralmente “colui che si prende cura”; voce angloamericana derivata dai sostantivi “giver” (chi dà) e “care” (cura) − che ripropone, in veste moderna, la funzione e il ruolo della primordiale comunità domestica allargata quando, in passato, le famiglie erano numerose e le nuove generazioni continuavano a vivere nella casa in cui erano cresciute insieme ai genitori. In un contesto di quel tipo, oggetto di approfondita analisi da parte della sociologia antropologica, era molto più facile prendersi cura dei componenti vegliardi del nucleo familiare non più autonomi.

Noto anche come “accuditore” o “prestatore volontario di cure”: persona che, a titolo gratuito, e fuori dall’ambito professionale, si occupa dell’assistenza di un figlio, genitore o altro familiare congiunto disabile o non autosufficiente.

Oggi, la situazione è diversa e questo comporta delle scelte (e delle rinunce), spesso drastiche, perché un familiare è chiamato ad occuparsi di un altro familiare, anziano, ammalato, affetto da patologie di lungo termine, convalescente, non autonomo, senza avere una formazione specifica e senza nessun sussidio di carattere economico.

L’esercito silenzioso. Non si tratta di una figura professionale retribuita e neppure di volontariato: il caregiver familiare lavora nell’invisibilità normativa.

È il rischio di chi è chiamato a svolgere questo lavoro di assistenza e cura. Da tempo si invoca un intervento del legislatore che, almeno sul piano previdenziale e contributivo, possa accordare dignità a questa categoria di lavoratori atipici, lavoratori di “fatto”, ma non di “diritto”. Ecco un breve profilo del caregiver, le caratteristiche principali di questa figura:

 - è un familiare della persona cui presta assistenza;

 - il 74% dei caregiver sono donne;

 - circa un milione di persone solo in Italia occupate in questa mansione;

 - svolge l’attività lavorativa in via continuativa, senza orari, a titolo gratuito;

 - non gode di nessun diritto o riconoscimento normativo per l’attività che svolge;

 - sovente è impreparata a compiere il lavoro che svolge, supportata solo dalla famiglia di appartenenza e dal vincolo parentale affettivo;

 - non ha né copertura assicurativa per i rischi dell’attività, né copertura previdenziale o assistenziale;

Agevolazioni per l’assistito e per il caregiver: ecco quali sono gli unici benefici in materia di integrazione sociale ed economica.

La normativa legislativa è obsoleta e insufficiente perché muove ancora dal presupposto che l’economia domestica sia in grado di sostentarsi autonomamente senza che l’ordinamento statale si faccia carico dei costi, soprattutto sociali, che il caregiver deve affrontare:

 - aspettative di legge per motivi di cura e gravi ragioni familiari variamente previste dalla contrattazione collettiva; esse comportano la sospensione provvisoria del rapporto di lavoro e non prevedono il pagamento dello stipendio, che viene interrotto;

 - riconoscimento della legge 104 per fruire di permessi orari per assentarsi dal luogo di lavoro e assistere il parente invalido o bisognoso di cure;

 - assegno di accompagnamento erogato dall’INPS a favore della persona invalida che non possa svolgere in modo autonomo le normali attività della vita quotidiana;

 - aliquota IVA agevolata al 4% o detrazioni fiscali varie per l’acquisto di mezzi ausiliari necessari all’accompagnamento della persona affetta da disabilità o limitazioni alla deambulazione;

Quali sono i compiti del caregiver? Quali sono le attività principali di assistenza?

Come detto, a parte i benefici di legge ricordati prima (molti dei quali riguardano la persona dell’assistito e non la figura dell’assistente), nessun’altra agevolazione economica, previdenziale, assicurativa, assistenziale è prevista per il caregiver, che presta un’attività lavorativa a tutti gli effetti e che si sostanzia normalmente nello svolgimento quotidiano delle seguenti attività:

 - igiene personale, preparazione e somministrazione pasti;

 - somministrazione farmaci, accompagnamento visite mediche;

 - gestione pratiche amministrative e burocratiche, attività domestiche;

 - cura, gestione patica di problematiche connesse all’invalidità del familiare assistito;

 - turni di veglia, compagnia, assistenza e supporto psicofisico dell’assistito;

La sindrome del caregiver: che cos’è?

Prendersi cura di un ammalato è un’attività pesante, sia da un punto di vista fisico che, soprattutto, emotivo. Per il caregiver, questo aspetto è accentuato dal fatto che, come si è detto, normalmente esso è un familiare dell’assistito, legato a quest’ultimo da un vincolo affettivo e non solo parentale. Si inserisce, pertanto, in questo gravoso impegno, anche un fardello emotivo, che fa i conti con il senso di colpa e con quello di abbandono, con il decadimento fisico della persona amata, con implicazioni sentimentali che si riverberano in maniera inevitabile sull’attività di assistenza e di cura. Per tale ragione, si dice che “la seconda persona bisognosa di assistenza, dopo l’assistito, è lo stesso assistente”.

Un mondo sotterraneo e sconosciuto, spesso sottovalutato dalle persone e dalle istituzioni, è quello in cui vive il caregiver, un mondo in cui egli è quasi invisibile, in cui la sua persona e i suoi bisogni passano in secondo piano.

Per scongiurare questa sindrome, che rischia di tradursi in una vera e propria patologia, è molto importante, per il caregiver, seguire alcune regole per “difendersi” e “resistere”:

 - trovare spazi per se stessi oltre all’attività di assistenza del familiare o del congiunto ammalato;

 - ricorso a strutture tipo “day hospital”, che sollevino, almeno in parte, durante la giornata, il caregiver dalla necessità dell’assistenza;

 - poter contare su un supporto psicologico, di assistenza sociale da parte di figure istituzionali o da parte dell’ASL;

Anacronistico, quindi, che il disegno di legge per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare sia fermo in Parlamento, ancora in corso di dibattito dal 28 luglio 2020. Non è pensabile che l’ordinamento pubblico statale non sia in grado di fornire strutture, servizi e assistenza qualificata a sostegno del faticoso lavoro svolto dai caregiver nelle abitazioni private, riconoscendo il valore sociale dell’attività svolta e il conseguente diritto alle tutele di legge, alle indennità di malattia, alle ferie e al trattamento pensionistico.

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